Resto afflitto dalla luce del giorno,
commedia senza trama contigua.
Il passare è un'onda ogni istante
remota
e le cose sbiadiscono nei passaggi
d'aurore.
Disgenera il tempo stesso le creature
e m'ignora l'altrui presenza,
come fanno gli alberi, le acque sorgive
e gli uccelli,
le stelle forse.
Ed è giusto, nell'indifferenza
prestabilita della creazione;
o così pare; ma non per me.
Io anelo squisita compartecipazione,
e tramuto doli e delusioni
in speranze acquisite.
Come inerti su spiagge, relitti e
fossili di mare arenati,
m'appaiono i miei desideri;
ed entusiasmi verdi riarsi dalla sete
inestinguibile
al pensiero che sia gioia solo il
raggiungimento.
Cosi tramuto l'amore in eventi di luna
e deserti più che smisurati:
e tutte le fibre del mio corpo mortale
in emozione di lacrime.
Nello strazio so amare, non nella
gioia,
nell'eterno timore so amare, e vieppiù,
come bestia languida che non sa mai
sorridere.
Ma porto te in altri luoghi, fatti di
sublimi rarefazioni.
Al di là del comune sentire, delle
umane irragioni.
E affondo le mani, strinte alla tue,
in nebulosi abissi di spazio e materia,
ov'accompagna eterna speranza, senza
speranza.