Dove
lasci, inutile giorno
le
tue essenze fumose, le nebbie (aperti spazi ricordi abbandoni)
sulle
sabbie marine (battigie d'alghe e conchiglie)
o
sul ciglio del lago
ove
ondeggiano canneti
al
moversi d'anatre e starne.
Anche
lì mi sei peso e nostalgia
indecifrati
affetti mutano in mente
pensiero
d'ombre e galassie;
da
qui a un'altra foce (inganni disillusioni sgomenti)
e
pace non trovo se non nel chiuso me stesso
celandomi
a luci e suoni
che
ancora m'umiliano chino...
Spalancandomi
a cieli che poi fuggirò
nella
dolenza del vago procedere (moti superstiti offese umiliazioni)
nella
fumosità come d'ectoplasma
vivrò
questi giorni di dolorose memorie
accertamenti
d'un anima inquieta
che
in stasi cerca e disamora (utopia del sacro dubbio senso di colpa)
e
sangue versato agli ascolti
e
tese mani a cercare altre mani di lieve concordia.
Tu
darai forza e terrore al mio essere uomo,
specchio
d'occhi della divinità che m'osserva
ed
io ti amerò come ora ti amo,
nell'unico
modo che ancora conosco.
Cosi
lasci inutile giorno
una
risacca uno stormire d'alberi,
un
sottofondo di suono
e
un tacere cercato aldilà di voci e ragioni (inutilità vessazione
amarezza).
M'umilio...
E
cerco un angolo che fuori dal mondo
mi
dia una speranza d'esilio
una
fonte d'amara dolcezza.
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