I
giorni, cumuli di macerie;
le
ore, stille ricadute.
Qualcuno
risillaba i miei nomi;
la
vastità ritira in sé, paga del già visto.
E'
in me che mutano le cose e le visioni
e
le mie mani già non afferrano più cieli.
A
rarefarsi s'avvicendano emozioni,
e
non stupisce brezza sulle guance rase;
e
tutto è estenuazione.
M'aggrigio!
Mi
spengo vivendo e resto algido.
Muta
sofferenza come grido senza suono per chi
non
sa più pronunciare amore.
Mi
narro ancora di nudità e vergogne,
ridde
di sogni inconsapevoli;
indurevoli
peccati già sofferti
a
intridere in me speranza residua di vissuto.
E'
di là da venire
rinascita
senza dolore
speranza
in cieli aperti.
Nessun commento:
Posta un commento