domenica 3 ottobre 2010

Il giorno


Il giorno appare, vola veloce, dispare; nell'effimero buio.
E ci si appresta alle cose,
se non quando è già troppo tardi;
ed il tempo non è mai quello giusto,
e si resta inconclusi nel fare.
Il giorno convulsamente vive, si riempie di suoni e romori;
stride, alle cose disarmonizzate, ride dell'irrisoluzione d'ognuno,
scompiglia d'ogni uomo i pensieri
e passa su noi immergendoci perlopiù nell'ieri.
Che sempre è giorno, che sempre è egli stesso ad ogni nuovo ritorno.
Il giorno acceso di fulgido sole,
il giorno che vince su qualsiasi bisogno;
come delle brame innumeri d'ognuno: prima fra tutte l'amore.
Si vive da svegli ma come in sogno.
Passa in un ricordo sbiadito, in un sorriso svanito,
in un sentimento antico che fu.
Passa il giorno e passi tu, che chiamai carezze al mio cuore.
Passa come sguardo al cielo su mani protese,
fra le rabbie che ci fanno pensare;
a volte abbandonati perfino da un impeto assoluto di fede.
Giorno, v’è qualcosa o qualcuno che dall'alto ci vede: ma tace.
Ma io anelo a certezze, anche dall'invisibile;
poiché m’intride di tedio, la terra e la mia solitudine,
ogni consuetudine,
che non fa più per me.
M'assale la mancanza come di qualcosa, e quella di te.
Che svanisci nel buio della notte,
come una, stella lontana,
come un giorno una settimana,
come una cara presenza
temporanea e forana.
Come un ennesimo giorno ove t'attendo; come in esso, con te vi attendo
il tramonto, la notte, l'evento amato muliebre, d'un nuovo raggio di luna.

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