mercoledì 23 marzo 2011

L'indestrezza


Nell'indestrezza di troppi intenti, ho sondato possibilità restate poi evanescenti.
E il dubbio su tutte le cose viventi,
si è fatto più profondo e radicato;
quasi che a volte mi pare, di vivere una realtà che non è reale.
Immaginare di essere in un falso mondo vivente,
che è solo movimento e rumore,
un vano viandare
un confuso colore, senza calore senza comprensione ne' amore.
Ed è nel lento costruirsi dei tentati intenti al mero fare;
è nel credere vero il realizzare, forse illudendoci al sogno:
che sta il segreto dell'avanzare,
il segreto ed oscuro bisogno di qualcosa d'altro da creare
di qualcosa d'altro ancora, forse di nuovo:
da dire.
Nell'ignoto intuire d'un occulto mistero a venire.
Ma manca l'amore, anche quando puoi scorgerlo e lo puoi quasi toccare.
Manca lo stesso: l'amore.
Oscura ma calda presenza che mai o quasi,
si fa vedere, sentire,
oscuro bisogno che mai si sa, né si può soddisfare.
Il suo segreto sta negli addii,
sta nella poca e vissuta, e subito dopo perduta felicità,
sta nel consapevole dolo di essere altro da qua,
dal momento speciale;
sta nel dispiegare lento e feroce,
del non saper mai afferrare l'essenza di tutte le cose;
la loro incomprensibile celata verità.
E la tua indestrezza è la sola capacità,
vivere sogno e illusione come fosse realtà.
E ' cosi che si giunge alle sere,
che sono non altro che aperte speranze
sull'improbabilità di un qualche radioso accadere,
su figurate possibilità al realizzare.
Rosse d’algido lucore, raro e fermo colore che porta la mente a divagare.
e sei sempre più solo,
ed insisti nell'immaginare, insisti e perduri caparbio a sognare.
Tutto si accende e si spegne irrisolto; in una vuota mancanza.
Tu cerchi ma sai di nuovo di non conoscere amore e forse poca clemenza.
Resti solo nel tuo appello interiore, ma nulla ad altrui può trapelare.
Immensa presenza avverti davanti, solo in essenza solo in assenza.
Resti così come un inutile cosa come un debito inganno
anno dopo anno solo ad annaspare.
Il mondo è sempre la stessa stanza del tuo ossessivo insvelare, del tuo averne abbastanza...

Il breve canto


Il breve canto sfreccia veloce,
nel vento levatosi;
sulle ali di un pettirosso, o un colibrì, non saprei dire;
ma forse era un merlo,
parlava sferzando nel vento,
come all'unisono con la natura tutta.
E' veloce distrazione il suo stesso residuo eco,
diretto verso chissà quale orizzonte,
verso quali confini, che nel cielo non hanno importanza.
Lui più di me sovrasta gli spazi;
e par il tempo abbreviare nel suo volare, così come ogni distanza;
io fermo a guardare.
Non sa che non esistono vere delimitazioni;
non sa che ogni arrivo è preludio a nuove partenze;
poiché le fermate,
non esistono in vita vivente,
terreno destino del perenne viaggiare.
Quello che conta, è che è riuscito anche lui a farsi sentire.
Non come me che ho troppe parole da dire,
che nessuno o quasi a questo mondo vuol stare ad ascoltare.
In ogni volo ci sia concesso almeno sognare.

Vento di irrassegnazione


Passavano gli inutili giorni contati uno a uno,
nel vento straniero.
Foriero di agitati pensieri.
Tu eri stata un abbaglio, un’utopia dei sensi in deflagrazione.
E l'amore per me possedeva i tratti d'una smisurata tenerezza.
Amavo.
Ma il vento che durava da giorni,
spazzava riviere e altipiani toscani,
e mi sembrava che ogni luogo, anche solo immaginato promettesse illusioni al felice.
Ma era un inganno, ricordavo: di te.
Ben sapevo oramai la ripetizione alla noia,
alla irrisolvibile solitudine d'essere.
All'assenza d'una durevole gioia, il suo malessere.
Tu dilaniavi ancora il mio dentro, quella parte che ancora ti amava,
e il desiderio a momenti mi travolgeva.
Il vento nullo ed inefficace sferzava,
ma non spazzava dolori e pensieri obbligati.
Dovuti omaggi dolenti ai sogni mancati.
La vita avanzava,
ed io perlustravo ciò che non più m'apparteneva;
ogni essere o cosa m'apparivano come un mero caso;
la vita intera del mondo innanzi a me: si falsava.
Ed io ancora a me stesso: mentivo.
Non era più come prima, firmamenti nei quali perdermi intero,
e coperte di seta e di raso, ove sprofondare placidamente.
Ora ero divenuto più avveduto, ma più triste e più vero.
Perdutasi la magia come d'un occulto mistero, ma mai totalmente.
Mi sentivo più deluso più veritiero.
Vagavo ancora preciso sul mio sentiero?
Visioni mi precludevano pace a momenti,
crescevo e non volevo, e delle novelle stanchezze avvertivo imminente l'avvento.
Tu, non eri più decretata, era trascorso l'evento.
Ma la carne mia urlava il tuo nome,
brandivo a vuoto il tuo residuo profumo;
la tua immagine come restata, che non svaniva.
Ti volevo ancora sospirante d'amore e viva,
fra le mie braccia fortificate dal possesso totale.
Sferzava il maestrale, tu divenivi una disingannazione,
mentre la mente restava inarresa.
Sbiadiva dell'amore tuo ogni mia assoluta ambizione.
I giorni divenivano eterni istanti fatti d'attesa.

Tu infinita


Ho veduto le stille di pioggia insistente,
sul vetro dell'auto.
Ti ho parlato d'amore nel momento giusto.
Mentre all'intorno si bagnavano le strade e la vita.
Sembravi scaturita da me.
Ti ho amato ancor più; infinita.
La pioggia era incessante un mugghio un belato.
Il mondo, in oscuro avvolto: pareva finito;
lo riempiva il tuo amore soltanto.
Ero nato allora, come sempre... da te.
I tuoi occhi mi porgevano cielo.
Durava eterno l'incanto...

venerdì 18 marzo 2011

Dottrina


Solo dal tuo viso ho saputo l'amore.
Solo dai tuoi occhi ho percepito le forme del bene.
Inutili gli sforzi per cercar di fuggire.
E' più forte di noi l'unione che è decretata in altrove.
In qualche dove oltre qui; noi due;
io e te amore:
siamo sempre stati insieme.
Scelta reciproca di caro dolore,
che inizia dal bene...

La cucitrice


Ieri solo ieri verde età prometteva,
e agili, le mani amate cucivano abili, esperte, su stoffe antiche; toscane.
io incantato osservavo.
E le promesse erano i sogni che senza ragione né richiamo:
la mia mente albergavano.
Inappellati presenti.
Ambizioni; e cercavo di capire il perchè delle stelle,
della presenza di cose
del perché delle malinconie delle sere,
dell'altro tipo di sogno
all'avvento lunare.
Il perché del sapere, che già sentivo; del mio futuro fallire.
E che le promesse sarebbero state non altro,
che immaginate mete a svanire.
Le care mani intanto cucivano in tinelli fatti d'amore.
Ho chiesto al fiume al sasso al bosco risposte più vere.
Fu la natura a rispondere con la sua molteplice voce.
Restai deluso, ma non del sacro mistero che vi aleggiava da sempre;
non della speranza che tutto pervade,
non del suono non del colore.
Restai incantato a contemplare,
le cose e il mesto pensiero rivolto all'altrove
Forse anche la dissoluzione è un altro tipo d'amore...
Le mani amate tesseranno ora arabeschi in altrove...

Simigliazione


Quante volte le tue labbra hanno bevuto alla mia amara fonte.
Fu per deluderti.
A far si che tu conoscessi la disillusione.
Nel remoto ieri altre bocche vi furono,
assenti poi
alimentando così il notevole rancore che regna tra i sessi.
Voluta distanza dei corpi,
dopo l'inebriazione degli amplessi irragionevoli
per tedio, per voglia, per pazzia; nella frenetica libidine degli ossessi.
Sempre senza amore,
bevevate alla mia amara fonte,
mancavate di veri moventi, solo essenze, e avvelenate parole,
dall'onnipresente dolore; come degli altri così di se stessi;
insopprimibile tedio di vani momenti.
Incomprensione e caducità delle cose viventi.
E' restato tra noi il ricordo eternamente in mentale ritorno e tardo;
perso nell'universo dell'umano rancore; che non ha sesso:
ma solo dolore.
Ricordo le tue labbra, il loro velato rossore...

Simigliazione II


Dal tuo amore forse irrimediabilmente perduto,
si desta una nuova consuetudine a ritrovati istanti di gioia.
E' nella nostalgia feroce del tuo corpo animale che m'invade ribellione.
Provo a piangere di felicità per la tua ostinata negazione;
ombra eretta e nera quasi senza nome.
Ecco arriva un treno, prossima sarà la stazione;
a questo passaggio a livello che si apre lento,
tutta la vita m'appare ora un universale procedere senza ambizione,
ferma come una recita di paese, fatta di voci più che di persone.
Si converte a stati di rassegnazione,
la mia indomata passione.
Assaporo annaspando coi sensi protratti dopo anni d'assenza;
ancora un qualche residuo della tua essenza.
L'avverto, come somigliano ai tramonti, gli amori senza speranza.

Tu (a Maria)


Tu hai ridato vita a nuove speranze,
pur nella disillusione onnipresente.
Tu che hai riempito di cara presenza, la tua;
l'assenza, il vuoto universale, nel quale da lungo tempo mi sono sperduto
e quasi mai ritrovato.
Solitudine e tempi di luoghi senza più volti, senza più nomi.
Tu carne sguardo e voce,
amata forma cara di donna.
Amata forma di raro amore,
che a volte genera uno sconosciuto tenero dolore.
Le tue mani sono carezze di sogni,
lenti avvicendamenti d'aurore.
E oggi è già domani, di noi due insieme,
vicini, nostre le ore.

Una strana malinconia


Ho indosso una strana malinconia;
quete colline all'intorno,
come una casa di fiaba vedo; misteriosa.
Paiono viste così a perdita d'occhio, nell'infinito spazio,
una dimora quasi ultraterrena.
E il vento che sferza sul tempo incontato e forse insondato, d'un altra settimana.
Ho indosso fin nelle fibre, una strana malinconia,
il tempo che come luce d'astro all'orizzonte dilegua,
se ne va via.
Ho indosso fin nella voce che tace ora,
la rara gioia, il raro amore di una vita
che lenta come una nave
scorta dalle distanze dei monti,
sempre più nell'orizzonte del mare
allontana.
Sono le parole, sempre; i sogni dell'uomo.
Resta ogni voglia insoddisfatta infeconda,
e tutto nel tempo che scorre disarma.
La sera collinare avvicenda,
indugia a lasciarci la speranza diurna,
accompagnata dal canto in frinire d’ invisibili innumeri creature;
dimoratrici terrene dell'ombra notturna.
E questa strana malinconìa incompresa,
che chiude spiragli di parte insicura:
Pensa sopra se stessa;
e fa l'anima in terra: più disadorna.

La chiusura


Cessate le passioni, iniziano gli affetti.
E gli oggetti del sesso tornan persone.
Se ne vedon gli effetti: nella stagnazione.
Prima eran belli e perfetti, ora dei sensi;
una tenue sbiadita ambizione.
Dell'antica nostra carnale passione;
fra noi due è restata la mia,
chiudo a forza dentro i cassetti della scrivania; l'ossessione,
l'amara mia condizione.
Io ti avverto ancora fra gli anfratti del mondo intero;
e mentre tu te ne vai via:
io come sempre non ho capito il mistero.

Da qui da quest'amore


Ora quaggiù.
Effige come sguardo di rara bontà.
Clemenza degli atti, istanti di sollevazione.
Generata luce di tutte le cose;
rifrangente come sole su onde,
come algido e bianco riflesso di sepolcri e tombe.
E tutto sembra così vivente,
vivido come perpetuo, come propagato eternamente.
Ma il mistero dei tuoi occhi pieni d'amore riflessi nei miei; resta insoluto.
Qualcosa d'arcano regna sovrano sull'unione di anime che s'uniscono ed amano.
Resto attonito attento quasi: m'inchino; a tanto mistero.
Palesata intuizione di eventi dell'anima.
Da qui; da quest'amore mi par di scorgere un sacro apparire,
da quest'amore dal suo lento infinire.

Percezioni


Notte, ferrovia spenta, nodo alla gola, mancanze.
Rimembri.
Lampioni di espansa luce offuscata adagiata sulle cose presenti.
Limpidezza dell'aria, nessuna nube,
rarefazione, purezza, istanti di freddo.
Impercepiti momenti.
Ancor vorrei illudermi mentre ricordo,
esser beatamente felice di nulla,
ed è già passato remoto il meriggio.
Giovinezza rimane pur se per molta parte perduta:
in brevi residui
di verdi entusiasmi superstiti.
Strada lastricata di buio, quasi un monito d'ombra.
Mi chiedo il motivo dell'universale sussistere.
Svelamenti d'arcani, paiono fintamente palesi.
E' solo misteriosa intuizione.
Giorni già spesi. Amara ambizione. Caparbia.
Non smetti non approvi la resa, combatti la tua guerra
per tanta parte già perduta e delusa.
Ricordi; vaghezze di nostalgie indefinite.
Una figura appare e dispare nella tua immaginazione già offesa.
Ogni cosa svelata pare ovattata, irreale, in uno spazio di vuoto sospesa.
Aleggiare.
Come in altra dimensione passare a quest'ora.
Il mondo è presente e pare già spento;
calma apparente e vuoto di dentro.
La luna sosta come eterna nel cielo
e sul tuo consapevole ingenuo smarrimento.
Conosci tutto o solo ti pare,
eppure resti estraneo in questo elemento;
ma c'è luna amica. Da sempre.
Come fosse un evento di sacro silenzio.
Apparenza sulle apparenze...

Quesito in forma di nome


Cos'era il cercare qualcosa dentro le ore?
Frugare i minuti scandagliati uno per uno
e nulla trovare e nessuno.
se non nebulose presenze,
quasi inavvertibili, invisibili
a suscitare interrogativi.
Le lacrime non bastavano più, le rabbie nemmeno.
Io masticavo memorie e null'altro.
Mai più intravedevo istanti vólti al sereno.
Fuori gli alberi parevano eterni e a mente
elencavo i loro nomi.
Non li conoscevo tutti
la natura
sempre davanti agli occhi ci é sconosciuta.
E pioveva sui miei cieli di stelle di ieri,
sui miei sogni distrutti,
su tutti i miei pensieri, sui loro aridi frutti,
anche se c'era il sole.
Anestesia dei sentimenti, astenia degli eventi,
oblii cari e spenti d'ogni tipo d'amore.
Il mio male si rifaceva sentire,
quel dolore mentale
che non si può curare.
Perché malato di quel qualcosa che non si può mai afferrare.
Sintetico sonno, sperato ai ricoveri chiesti per non più veder vivere,
per non pensare.
Tu resti, e io me ne devo andare.

Identicità


Intrideva di pioggia incessante la nuova giornata.
E la nausea provata era indicibile.
Contorcevano i visceri al solo pensare
di vivere la stesse identiche cose complicate e malate.
Ore ossessionate svendute, smaestrate.
Lamentavo: irriuscite.
E nessuno a salvare questo eterno mio naufragare.
La mia vita era ormai un penoso annaspare,
a osservare più vive, altre vite.

Estiva


La si sentiva venire l'approssimata estate.
Ed era già ricca dei rimpianti che avrebbe lasciato nel poi.
Ancora la primavera faticava ad emergere,
come me nella mia vita.
Ma si avvertiva come un lento risorgere di tutte le cose.
Poi ci saremmo sperduti in ricerche di emozioni e avventure,
pur se avveduti dell'avanzare del tempo e degli anni;
e che la gioventù oramai era trascorsa e finita.
L'estate ci avrebbe smarriti un'altra volta
e lasciati nell'insoddisfazione, nell'impreparazione.
Oltre a cieli stellati, a brevi sogni
oltre ogni già sopita, ma presente residua ambizione.
Sarebbero stati solo miraggi, solo mare;
sarebbe stata una folata di breve accalorazione
di spiagge africane distese, ricolmi estenuanti
lunghi meriggi.

Scomparizioni


Ho pregato su di un altare di pentimenti.
Ma non c'era nessuno ad ascoltare.
Ho creduto a nuovi avventi di sacro,
ma non ho avvertito più nulla.
Nella mia aridità acquisita, per mentale soffrire.
Non ho più nulla da dire,
non so più pregare, anelo al nulla più che totale.
Eutanasia d'ogni tipo d'amore,
laddove era già morto da tanto,
il mio già scarso senso sociale,
il mio tenue modo d'amare.

Egualizzazioni


Forse è un abbaglio, una somiglianza.
Lente cose avvicendano estranee ora,
scivolano addosso come ore insignificate.
Perduti gl'interessi palesi, paiono uguali tutte le susseguenti giornate.
E l'abbaglio è quello che pare,
poi appare e dispare per metterti in dubbio,
farti credere ancora che valga la pena tentare
Uscire dal peggio.
Si fa vedere in una breve striscia di luce,
o in fondo a un viale
o lo scorgi repentino, dopo un assolo improvviso di voce.
Ti passa alle spalle per poi scomparire.
E' un abbaglio, forse é quel nulla che vuoi divenire,
ma questo purtroppo é un dovere
Che siamo già a questo nulla, é un dato di fatto
e l'abbaglio é la credenza di vita,
illusione dolente di questa apparenza
che negli anni si fa sempre più sbiadita.
Intanto la simiglianza appare e dispare alla vista, anche quella interiore.
Ridice il già detto, al manifestare suo,
e ti lascia lì col tuo dubbio perfetto.
Ripete tutto quello che sai già di sapere,
somiglia a sé stesso e rifà uguali le sempre uguali chimere.

Planazioni (uccelli e rapaci nei venti volterrani)


Sostenuti dai venti impetuosi, grecali o maestrali
ferme le ali, aperte
si lasciano cullare dalle correnti ascensionali,
da esse portati: in forma inerte.
Al di sotto scenari delle toscane vallate deserte
Panorami di terre arate, sterminati agli orizzonti infiniti
eterni luoghi struggenti, immutati.
Poi nel flusso della corrente ritornata normale, volteggiando,
gli uccelli tutti, verso più alti strati, son ripartiti.
Nei cieli sperduti, han ripreso a planare.
Come flotte di navi in un mare riuniti.
Come perfetti aeroplani stagliati in azzurri chiarificati
Sotto ancora le terre; come accesi fazzoletti dorati.

Indirezioni


Mi mancavano innumerevoli parole ancora da dire.
Non avevo grandi rapporti con la gente e col mondo
Ero restato indietro: infecondo di uomini e cose;
Non avevo dato frutti, i progetti erano falliti tutti.
Vagabondavo sul tardi, cercando pollini di felicità,
svolazzanti qua e là... casuali.
Piccoli segmenti di superstiti gioie d'un ieri
credulo e intriso di giovinezza.
Finita la breve ebrezza, son restati i soli pensieri,
e le cose han perduto i colori.
Ora non so cosa attendere, nel timore ho smarrito
le residue direzioni.
Non sapendo se arrendere, o cercare nuove intenzioni.
Esausto, esiliato di chi conobbi ieri
non sovvengo più i visi;
non ricordo più i nomi;.
Perlustrerò obbiettivi di superstite inarrendevolezza,
per credere di essere vivo
e vivi ancora i colori e i suoni.
Forse nel dono d'amore, potrei ancora edificare
speranze al domani.
Incerto domani in chi ha spento alcune luci dell'anima:
per colpa degli abbandoni.

Il mulinello


Perduto fra l'indifferenza
non aspettavi questo dalla vita creduta di ieri.
Illusioni perdute e franate,
la strada é deserta di attenzioni prestate.
La nulla vanità circonda ogni cosa
nell'apparenza trascorre la vita,
fra cose di poca importanza, passata.
E' mancato quel senso d'amore per cui si dovrebbe esser vissuto.
Ma neanche il più vero,
può cancellare la diffidenza,
il dolore presente e muto.
L'anima non conosce persuasione
e si vive tutti di voluta assenza.
Fantasmi del bene, nostalgie di un che di svanito e trapassato..
Se questa é la vita, non ci conviene.
Nel nulla si perde ogni vera ragione.
Ogni movente imprecisato, ogni istante che viene…