Una volta era chiaro e netto
il passare di ogni stagione.
Mutava, e pronta la giovine anima si
prestava: felice.
Ora s’ammucchiano periodi e
intemperie,
e luce e colore s’adombrano.
Sono piegato su me stesso seduto,
provato da stanchezze indicibili.
Non affronto stagioni, vieppiù
primavere.
E ignoto è quel tempo che spinse a
voli imprecisi verso l’amore.
Il fascino dei boschi dei fossati, il
ramarro i mille rumori;
e due cuori fanciulli sorpresi dal
desiderio.
Fra foglie rifugiavano uccelli,
e noi svelavamo segreti.
Aeree stagioni di scoperte palesi,
sarebbe stato il poi a donarci
pietrificazione e dolore.
Il tuo nome è ancora il primo che ho
udito.
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