Indotta a me da un destino vago,
imperscrutato.
Un fato d’immemorie.
Ricalco passi già percorsi,
coltivazioni in solco alla mia anima;
peregrinazioni senza requie,
una maledizione. Tu rigravi !
Consorte , mi devasti, assente d’anni,
una matrice di perpetuazioni.
Nuova origine ai miei mali antichi
Forse millenari.
Strazio muto d’alberi e stelle.
Beatitudine indurevole.
La dolce labilità delle tue labbra
dissona,
è un segno falso.
E sei crudezza, meravigliosa e sordida,
m’arrovelli,
scempio delle cose, inferni di parole.
Sei bastata a farmi credere una maceria
dei miei giorni.
Sfacelo d’un anima, culla di voce e
corpo sepolta nell’erbe circoscritte.
Non sono più rinato amore…
Ti sia sconforto il mio dolore muto
d’ombre diramate,
il veleno di parole scivolate da queste
labbra di te ignude.
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