venerdì 18 marzo 2011

La vetrata n°2


La vetrata rifrangeva il vasto panorama
Innanzi si perdeva a dismisura la natura.
Svettava al cielo la vetrata e io dietro a guardare,
il muto passare delle cose e degli uomini.
E restavo lontano con dentro qualcosa, di incompiuto e strano,
che non chiarificava i pensieri e complicava le irrisoluzioni.
Non ero parte del mondo, disgiunto da esso, vivevo una vita immaginaria
cercando intuire le cose fatte dagli altri.
La vetrata spandeva una vibrazione di luce
e di impercettibile suono,
una specie di voce misteriosa al di là del comune frastuono.
Di lontano pareva quasi venire l'eco di battaglie
ancora in fermento
e il lieve evento riportava insopite;
le superstiti gioie..
M'ammantavo del ricordo del tuo viso,
del tuo corpo dei sensi,
e su me troneggiavano immensi i tuoi azzurri occhi,
o erano verdi? Non l'ho mai capito.
Con te non vi erano freni,
solo passioni e voluttà, poi tutto è finito.
Come tutte le cose
oltre quel vetro, anche tu fai parte dì un terreno al di là.
Le mie cose perdute: tornate nell'indefinito.
Sei chissà dove, un dove dell'anima, ov' io nella mia
non son più compreso.
La vetrata attutisce del fuori ogni suono e movenza.
L'immagine è sogno, invenzione
da là, ogni moto, ogni vuoto m'appare come un evento segreto,
un occulta longimiranza.... d'assenza.
Entra un altro raggio di luce,
inonda la stanza, s'espande come un inno sacro: dal vetro.

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