In
nessuna chiamata più mi raccolgo.
S'indovina
una falsità di quiete
e
un muro farsi ombra ed immateria
nel
silenzio che non mi tramuta.
Se
sia per una forma od un'altra poco importa,
se
la soddisfazione langue
come
limo di stagni e di paludi,
e
muoio di voglie feroci
un
supplizio di sensi inappagati.
E
del mio essere uomo non resta che poco
nulla
forse di fronte a più negazioni.
La
terra ha bevuto a grandi sorsi le piogge
e
l'autunno macera ore di buio sospeso.
La
fonte primaria non è più quest'amore.
Non
vi è ragione nella disattesa delusa d'un chiamo.
Sono
solo come nessuno.
Superfluo
alla terra e alle cose.
Alle
nulle risate degli esseri umani: cui sono straniero.
Col
capo reclino attendo rifarsi di stelle.
Notte
per altre dimensioni in cui immergermi
a
disperdere il mio dolore di uomo evitato.
Nuova
rarefazione sulla quale riergermi.
Per
restare comunque immutato.
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