lunedì 27 settembre 2010

Davanti Monteriggioni - 1993


Sbanda e ruggisce il camion delle comparse,
vestite di guerra nei ricordi d'un film.
E dopo il ciak, l'ennesimo, torna piano indietro,
e si ferma nel frinire immenso di cicale.
Davanti Monte Riggione, luogo ancor di Medio Evo,
di ataviche tradizioni, così pervaso d'antico.
Fra il frusciare maestoso delle ampie colline senesi,
questo film sembra non finire mai.
E noi in quel camion verde, ad attendere il Via per un'altra scena
che finge la vita.
Cinema, cinema e passione
desiderio di fama e di gloria,
nelle speranze d'un generico.
Un'ora e più fermi ad attendere l'uscita timida e riottosa,
d'un nuovo raggio di sole, indispensabile all'ultima scena.
Davanti Monte Riggione le sue leggende nel tempo,
i ricordi di cavalleresche battaglie, guerre sante, feudi,
le lunari colline senesi, ove il meriggio effuso dentro ai vigneti
sottintende di messi dorate e di voci prestate a quel luogo,
le nostre.
All'imminente tramonto, alla vastità della notte in arrivo,
che or mi fa amare ancora di più quell'apogeo d'estate,
che ci circonda.
E osservo i giovani occhi dei miei compagni,
sgualciti dal sudore e dal caldo di fine giugno;
osservo quelle divise di scena, e quasi come se non fosse finzione,
ci immaginiamo prigionieri davvero.
E ci sovviene allor il ricordo di chi la guerra
l'ha vissuta nel vero; e un ieri non troppo lontano
ce lo raccontava.
E cosi riaffiora il ricordo, ed il nonno amato, e i nostri padri
che han combattuto, e comprendo la loro sofferenza
anche nella nostra finzione di scena;
e riavverto in un modo del tutto nuovo, una nuova forma
di dolore vivente, che marmorea ed atavica nei cuori ancora presente.
E provo orrore per la guerra e amore per i miei cari
e per quelli degli altri, agognanti tra i vivi e i morti, alla pace.

Davanti Monte Riggione, meraviglioso castello,
il cielo azzurro da sfondo, quasi un mantello.
Ed io che nell'attesa caligine, sopra quel camion,
riprendo possesso dei miei siderei pensieri,
e li riporto con me su quell'aprico campo di grano che ho innanzi;
su quegl'occhi dei miei compagni, cosi belli e sudici,
in quelle lacere divise insinuanti. E sono stanco.
Così capisco improvviso, cosa Giuseppe Ungaretti ha voluto dire;
nei "FIUMI'' e nella "VEGLIA". E sento infinito il male
del mondo, come se ora fosse tutto sulle mie spalle.
E scherzi e grida e burlette dei miei compagni di lavoro
con cui mi sento solidale, con cui ancora una volta m'affratello
e provo amore senza remoraalcuna, e capisco per un istante la vita.
E ne pavento, raggelando nell'anima oscuri preludi di morte.
Miei cari poeti, miei cari scrittori e anime eccelse;
quanto é dato a chi scrive in ragione dell'anima e del cuore,
ma quante lacrime, quanto vero dolore.
Immergo le mani in una vastità di palpabile essenza di bene,
e dell'aspetto del mondo avverto ora suoni e colori,
sulla cui superficie brilla ogni raro bisogno d'amore.
Ed é come se con i miei occhi sapessi accarezzare quei visi
che ho innanzi tristi e giocosi, esplodenti di giovinezza
e di speranze infinite.
Proprio io che strada facendo ho perduto le mie,
e non mi resta che un continuo leggero dolore;
nonché la certezza della mia avvenuta disillusione.
Proprio io che ora so cosa sia il vero amore, e che ho pianto
per esso. Proprio io che ora, con due occhi vivi e immensi nel cuore:
vorrei fuggire.
Davanti Monte Riggione, emblema, inno, uno fra i tanti;
a qualcosa che é eterno, e che certo non muore,
comprendo la continuità d'ogni esistere e non vedo
approdi né fine all'esser del tutto e dell'uomo.
DIO mi sovviene! E con timidezza e timore,
nel silenzio converso con Lui,
libero da tutti gli altri pensieri; cosi divengo
naufrago del me stesso che già conosco, e capisco che
questo film, questo camion, questa gente, sono parte
di quel tutto in cui vivo, e che da tempre mi lascia:
estasiato, attonito e innamorato.

E sovvengo in me la nostalgia di cose credute,
di cose avute e mai avute,
di vita e di ore vissute.
Cosi del domani pavento, io avvezzo all’ieri, ed é di nuovo
il tormento e turbinii di pensieri.
Davanti Monte Riggione, l'immagine di ogni cosa vivente scompare
per lasciare posto ai miei sogni, ov'io mi rifugio
a volte per vivere.
E con questo film da finire, fra i gridi dei cameraman,
e della gente di scena, mi vedo scender dagli occhi una lacrima.
Come ai tempi di scuola, con un gesto di mano, la lancio nel vento
estivo che ci scompiglia i capelli, come se ciò servisse
a farti sparire lontano da me.
E invece ancor oggi amor mio, e malgrado questi colossali
pensieri, il tuo stupendo e giovane ricordo
é una delle poche cose che non mi sa abbandonare.
Ora vorrei che tu fossi con me, e che insieme costruissimo
quel mondo di pace e di amore che ancora é di là da venire,
che ancora resta un'utopia.
Davanti Monte Riggione nella luce tenue della sera nascente,
dal set, i ciak sono conclusi; e una voce ci chiama con
l'altoparlante, annunciando che la giornata di lavoro é finita.
Ancora sovvengo il far della vita, dentro la vita.

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