lunedì 27 settembre 2010

Gli uccelli - 2009


Come in una lenta estenuazione,
procede il levarsi mattutino
come lo snodarsi d'una processione.
Guardo attraverso la finestra di cucina, in giardino.
L'erba tagliata appena ieri,
attrae miriadi di uccelli,
e corvi e merli, e passerotti,
il loro cercare girovagare
in cerca d'insetti, di pane piccoli pezzi;
mi rapisce e riplaca dalla rabbia del risveglio
che appare confuso alla mente;
ed elenca cose da fare, desideri da esaudire,
anch'io per cercare, annaspare, per risolver la vita.
Ma già dopo dieci minuti dall'uscita dal sonno, ci potrei ritornare
poiché non so come fare.
E nullo così si presenta il giorno ancor nuvoloso di pioggia sperata;
da affrontare, come una marcia forzata;
e farei conto se fosse possibile di poterlo barattare;
con cosa... chissà forse con le agognate esaudizioni,
con un po' di residua felicità.
Invece il tempo è noia dilagata.
Se fossi come quelli uccelli, ce l'avrei già,
ma l'uomo, perlopiù di mente malata,
è un essere fatto di complessità
e si aggira anch'esso,
si dibatte portato qua e là, senza un metodo e un ordine,
da miriadi d'ambizioni,
nefaste magari e forse irrealizzabili.
E i sogni e suoi desideri, non son mai veritieri,
né poco o nulla forieri di soddisfazioni.
Non sa come arrivare;
non gli basta come quelli uccelli,
semplicemente vivere, senza pensieri pensare, librarsi e decollare,
è forse malato d'inestinguibile amore mancante;
e il troppo sapere a volte è un bene che tramutasi in male.
La sua presenza un dubbio, "l'essenza";
la sua instancata ricerca: dolore.
Gli uccelli tutti insieme, come a un comando spiccano il loro levarsi
e volare.
Il resto sarà solo un altrove, le strade della vita un fosco viandare.
Vuote mete, perlopiù da ignorare.

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