lunedì 27 settembre 2010

Si espande un grido nella notte (luogo di sempre)


S'espande un grido nella notte,
che è notte di presagi venuti dal passato.
Su di un araba penisola che s'accende di varietà,
d'immagini e figure che s'affacciano fin dalle nostre origini conosciute.
S'espande un grido, doloroso, come fosse di tortura;
e proprio nella notte che percorro, percorso da strali di mestizia.
E avverto quel dolore, univoca voce a quel gridare fin quasi nelle fibre;
in ogni mio tessuto nella notte che m'inghiotte come un imbuto e stride.
S'espande un grido nel mio dentro, le mie origini sono:
parole dentro al vento, che spegne gli ardimenti come i fuochi fatui;
e l'instabilità d'eventi. S'appiglia alle pieghe della pelle,
notte senza stelle, senza luna e azzurrità profonda; d'oscuri silenzi
Mi pare che, all'improvviso ogni cosa si faccia deserto
smisurato e marocchino,
e qui non più le case, ma quel cielo ora stellato, vicino.
Questo luogo è anch'esso sacro e pur m'opprime,
e la visione è un immensità che m'appartiene,
è anch'essa sangue delle mie vene.
Cosi sono qui, ma non ci sono; è vita di deserti e di moschee come fossi
un altro uomo, è un galoppar di cavalli un correr di popolazioni.
Intanto col mio sangue scorre quello delle guerre delle uccisioni, delle crudeltà.
Questo deserto, è quasi realtà, qui, dalla città: predoni.
Come dall'anima immortale altre vite di ieri, altri richiami, altri suoni.
S'espande un grido nella notte, e gli occhi che da dentro or vedo,
sono buoni. Per la mia placata angustia delle ore, per il fuggire universale dell'amore;
per la dimenticanza di qualcosa, che lassù c'è superiore.
E' nei venti di quest'anima che urlano in me, la disperazione d'una terra
che muore. Perché?
Cosi i canti dell'oriente mi circondano, ed anch'io mi sorprendo nel mio canto.
Io so cantare! E' sacro quel gridare.
Affratellato a quello che anche senza me s'espande.
Così canto in mezzo al regno della morte, in mezzo all'angoscia di chi langue.
La mia città si fa pianeta, e il grido sempre più s'espande. Il deserto torna una pineta, un parco sempre verde, tornano cosi le cattedrali; assorte nel silenzio di stanotte, su strade occidentali.
Ma anche qui si piange, dolore che su ogni cuore rifrange, senza sosta si espande. Anacoreta o beduino, potente o grande l'uomo piange…
É così. La mia città, il luogo donde vivo, anima in un corpo, corpo su un pianeta
fatto di distanze e tombe, di odio e sangue e nascite in sordina.
Mille realtà ed una sola, miliardi di case e stanze.
Case di giardini ben curati, la dove gli uomini sono poi dimenticati.
I vecchi, tesoro antico della terra: abbandonati. Un'altra guerra di falsi pacificati.
S'espande un grido nella notte, e stanotte forse solo io l'odo.
Che differenza c'è se poi sono qui, o viaggiante con lo spirito in altro luogo?
II dolore è uguale in ogni dove, il grido una lingua universale.
E l'amore che non trovo, chiunque voglia lo può capire. Ma dove si trova, Dove?
Anche la stanchezza è un grido rassegnato, or sul suo finire.
Perduta nel pozzo senza fondo d'ogni dolo, d'ogni assoluto soffrire.

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